Il punto sui Certificati bianchi

Si è tenuta lo scorso 10 aprile 2019 la Conferenza annuale di FIRE sui certificati bianchi.

Molti i presenti del settore: dalle Istituzioni, agli operatori e alle Associazioni di categorie. C’è fiducia tra gli operatori nonostante le difficoltà ed i contenziosi.

Riportiamo il comunicato stampa di Fire.

Dario Di Santo, Fire, commenta: “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Riuscire a calibrare domanda e offerta è uno dei requisiti più difficili da soddisfare nello schema dei TEE. L’idea è sempre stata di avere a che fare con risparmi annui crescenti nel tempo. Apparentemente un’idea semplice: ogni anno si aggiungono risparmi nuovi a quelli dell’anno precedente, dunque la crescita continua. Si sono però trascurati due elementi. In primis, al termine della vita utile degli interventi (per molto tempo prevalentemente pari a cinque anni), questi cessano di generare TEE. Ciò significa che l’anno successivo per avere una crescita dei risparmi annui i risparmi generati dai nuovi interventi deve essere superiore a quelli cessanti. Nelle prime fasi di funzionamento dello schema questo si è avverato, in quanto la progressiva comprensione del suo funzionamento e l’aumento dei proponenti e delle proposte ha garantito tale condizione. In seguito, invece, ha prevalso il secondo aspetto critico. Le modifiche delle regole che si sono succedute nel tempo hanno via via limitato la possibilità di presentare progetti, fintanto che i risparmi collegati alle nuove proposte sono risultati inferiori a quelli cessanti per il termine della vita utile. Le modifiche citate hanno riguardato in particolare l’esclusione di interventi diventati non più addizionali (a cominciare dalle lampade fluorescenti compatte e dai rompimento aerati) e di soluzioni sovraincentivate (anche a causa dell’introduzione del coefficiente moltiplicativo tau), nonché l’impossibilità di presentare progetti già avviati. A questo si è inoltre aggiunta una progressiva restrizione delle regole relative alla misura e verifica dei risparmi, l’eliminazione delle schede standard non basate sulle misure dei consumi, e procedimenti di valutazione e verifica sempre più stringenti. Al di là delle motivazioni – in buona parte condivisibili – che hanno portato a queste modifiche, l’effetto è stato quello di ridurre anno per anno l’entità dei risparmi generati da nuovi progetti, con la conseguenza che gli obblighi crescevano e i titoli sul mercato (e ancora più i risparmi energetici generati) diminuivano. Le truffe di grande dimensione perpetrate fra 2016 e 2017 hanno a questo punto dato il colpo di grazia all’equilibrio del sistema.

Che insegnamento trarne? Che un simile schema può funzionare, nell’ipotesi di obblighi crescenti, solo evitando di introdurre vincoli eccessivi nel corso degli anni, oppure allargando progressivamente il paniere degli interventi ammissibili. In sostanza è impossibile coniugare regole sempre più stringenti con la crescita degli obblighi se non si hanno opzioni espansive (per interventi o settori ammessi, o territori coinvolti). Occorre dunque scegliere a cosa dare priorità: la crescita dei risparmi (ad esempio in ottica art. 7 direttiva efficienza energetica) o il supporto rigoroso ed efficiente dei soli risparmi energetici addizionali? Nel primo caso le regole devono privilegiare l’allargamento del paniere degli interventi, facilità di accesso e di rendicontazione, presenza di metodi di valutazione dei risparmi semplificati almeno per soluzioni di piccola e media taglia. Nel secondo si possono premiare solo le soluzioni che ne hanno veramente bisogno e garantire i risparmi, qualificando nel contempo il mercato (soluzioni, operatori, servizi, etc.). Scegliere lo scopo del meccanismo è dunque fondamentale per decidere che obiettivi definire e che regole fissare. Gli altri ingredienti sono un dialogo continuo ed aperto fra GSE e operatori (tema su cui fortunatamente la situazione è in netto miglioramento), perché l’efficienza energetica è un tema articolato e complesso, e la capacità del Ministero dello sviluppo economico di monitorare la situazione con attenzione per intervenire tempestivamente (capacità verificatasi nei primi anni di vita dello schema e purtroppo persa dal 2007 in poi, col risultato di fare crescere troppo i problemi).  Qui parliamo solo di uno schema di incentivazione partito per generare risparmi e finito (si spera temporaneamente, come i TEE “virtuali”) in un mare di contenzioso, ma le ricette – dialogo (e dunque ascolto), studio e competenza, scelte ponderate – sono le stesse che servono per salvare il Paese e la società da una deriva basata su odio, grida e contrapposizione. La storia, che si ripete, dice chiaramente dove porta tutto questo. In entrambi i casi, con il giusto sforzo e le giuste frequentazioni, possiamo uscire dalla selva oscura… “E quindi uscimmo a riveder le stelle.”

Fonte: Fire

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Catia Tarquini